ACCREDITATI | Operamolla

Articolo pubblicato su Accreditati il 15/1/2016

di Kalibano

Capitolo numero tre della trilogia Niente di nuovo sotto il suolo presentata ieri al teatro dell’Orologio dal duo composto da Luca Ruocco e Ivan Talarico (produzione DoppioSenso Unico).

Tre fratelli chiusi in casa da anni, di cui due vivi ed uno non si sa: sarà morto? Così si pensa, certezza non c’è in quanto non dà né segni di vita né segni di morte. Quindi? Forse è resuscitato, ipotesi più probabile.

Si parla quindi di malattia e morte, di guarigione e di resurrezione, ma per la verità: non sarebbe meglio anticiparne i tempi visto che comunque da lì non si scappa? Moriamo perché ci ammaliamo o ci ammaliamo per morire? I due attori ci propongono diverse varianti al tema sino a mettere in scena un vero e proprio funerale con la complicità del pubblico in sala, veramente partecipe e direi all’altezza della situazione in ogni momento della rappresentazione.

Luca e Ivan risultano essere quindi bravissimi a tenere il ritmo, in maniera incalzante e senza soluzione di continuità, il pubblico ne è affascinato e preso in quanto protagonista lui stesso sulla scena, mentre l’irrazionale domina lo spazio, ma non ce ne rendiamo conto.

Il teatro proposto mette in evidenza l’assurdità dell’esistenza dove ogni schema o costrutto drammaturgico razionale viene del tutto capovolto per dar vita ad una serie di situazioni surreali, con un totale disprezzo per qualsiasi forma di espressione logico-consequenziale.

Ci troviamo quindi di fronte all’abbandono di qualsiasi dialettica e gli eventi sono legati solo da una effimera traccia suggerita dallo stato d’animo dei due attori che, nella loro tragicomicità dei dialoghi senza senso, riescono comunque a coinvolgere il pubblico e a suscitarne il riso. Il titolo, come a fine spettacolo i protagonisti tengono a spiegare, nasce da un fatto reale: Operamolla era una persona chiamata a recitare la parte di un malato di tumore e che continuò il suo copione, in privato per due anni, senza rivelare ad alcuno che lui il tumore ce l’aveva veramente, e quindi poi morì.

Ancora una volta essenzialità nelle maschere e negli oggetti utilizzati (a cura di Stefania Onofrio e Antonio Guarino) che comunque risultano movimentati dalle luci abilmente manovrate dal tecnico di scena Francesco Rita.

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