TEATRIONLINE | La variante di E.K. Il suicidio, il surrealismo, il paradosso di vivere

Articolo pubblicato su Teatrionline il 28/04/2013

di Alessandra Capone

La vita è un filo teso tra il primo vagito del neonato e l’ultimo respiro dell’uomo. Ogni esistenza è una funambolica possibilità di percorrenza di questo instabile cammino ed ogni identità si struttura, per buona parte, in base al modo di percepire la costante tensione tra vita e morte. È questa tensione a rendere l’uomo vivo e attivo, presente a se stesso, alle sue scelte, al proprio percorso esistenziale. Il cammino della vita, così concepito, è apoteosi dell’ostacolo da dover capire e affrontare, se si intende sopravvivere. Semplice è, in questa dimensione di perenne, necessaria attenzione, mettere un piede in fallo, perdere l’equilibrio, così difficilmente appreso, e ritrovarsi letteralmente appesi a quel filo che ci reggeva l’esistenza, trasformandolo in un cappio. Nella semplicità della morte si annida, però, la complessità delle forme. Un atto così azzardato necessita di essere scandagliato, compreso. Ciò che appare come un gesto inconsulto nasconde molteplici processi mentali e l’atto stesso della caduta, per quanto si realizzi in un istante apparentemente fulmineo e non strutturato è, in realtà una partitura complessa di movimenti da dover affrontare con la dovuta preparazione.

È qui che intervengono i Doppio SensoUnico. Ruotando intorno al suicidio del fantomatico E.K., il duo struttura un percorso di ricerca e comprensione dei processi mentali che lo hanno condotto alla morte. Luca Ruocco e Ivan Talarico si impegnano per capire il senso di un’esistenza che ormai “non vive”, come improbabili psicologi di una mente che più non pulsa. Al contempo, i due attori sono funeree presenze che alla morte conducono, preparando E.K. alla sua fine. Accentuando il senso di fallimento che emerge dalle paradossali indagini psicologiche messe in scena, i due attori riescono a configurare il suicidio come unica alternativa possibile.

Gli elementi necessari per un gioco basato sulla logica dell’assurdo ci sono tutti. I Doppio SensoUnico trasformano le funeree atmosfere che circondano il cadavere di un suicida in uragano vitale. Il duo dà forma ad una parabola precisa che, penetrando il senso della morte, celebra il “non – senso” della vita. Attraverso paradossali riflessioni sulla carica deludente di ogni possibilità vitale, stridenti sarcasmi strutturati intorno al vuoto dell’esistenza, ironie poco sottili circa regole e concetti istituzionali e sociali, Luca Ruocco e Ivan Talarico danno forma a un gioco anti – psicologico assolutamente surreale e straniante in cui la morte, per paradosso, diventa presenza viva in scena e compagna spettatrice che, a tratti, sembra metterti la sua mano sulla spalla ridendo con te di se stessa e della tua stessa esistenza.

I Doppio SensoUnico incarnano, così, il senso più puro di Katarsi Teatrale. Eliminano inutili psicologismi, sofismi e pedanti moralismi per celebrare un’idea di teatro vivo, carnale, giocoso, assolutamente dissacrante e irrispettoso, divertendo con una finezza intellettuale che viene abilmente celata dall’esaltazione del ridicolo.

Innegabile e degna di nota è la preparazione scenica degli attori. Conoscono lo spazio teatrale, lo creano e lo vivono. Dal modo di rapportarsi con la scena, dimostrato da Ruocco e Talarico, emerge una sapienza tecnica concreta, basata sull’esperienza, sulla reale necessità di dover far funzionare l’artificio teatrale mantenendo viva e desta l’attenzione del pubblico. Non è l’intellettualismo che funziona in questi casi, ma il trasporto e il contatto continuo e fisico che l’attore è capace di innescare, divenendo veicolo, tra i suoi paradossali universi mentali e le attese della platea. I concetti di vita e morte sono scavati, penetrati e deprivati di inutili didascaliche riflessioni per diventare puro gioco “sacro e ruvido”. Tutto ciò è alla base di una drammaturgia ben strutturata, precisa ma, allo stesso tempo, mobile, suscettibile di costanti variazioni. I Doppio SensoUnico, non si limitano a presentarsi di fronte al pubblico, ma lo portano in scena facendolo diventare parte integrante e fondamentale dello spettacolo. Con le vittime designate, sera dopo sera, reinventano e creano un gioco differente, dimostrandosi pronti a reagire alle situazioni più varie e ad adattarsi alle reazioni più imprevedibili senza mostrare mai il fianco.

La variante di E.K. è uno spettacolo che deve essere vissuto, è uno squisito esempio di drammaturgia contemporanea assolutamente funzionale al gioco teatrale così come dovrebbe essere inteso. Una forza vitale che per la via del paradosso affronta ed esorcizza le paure dell’individuo tramutandole in risate che, realmente, esprimono una idea di percezione del sé sospesa tra la paura della morte e l’insopportabile assurdità della vita. I sorrisi che Ruocco e Talarico stimolano sono la dissacrante esaltazione dell’esistere in un cammino che inesorabilmente condurrà alla morte, la quale non apparirà più come nemica ma come innegabile compagna dalla funerea ironia.