FEMALE WORLD | Monografia DoppioSenso Unico

Pubblicato su FemaleWorld il 18/1/2016

di Mario Di Calo

Doppiosenso Unico è una macro/mini/formazione teatrale fondata nel 1999 e costituita dal duo Luca Ruooco e Ivan Talarico. Nella settimana che è andata dal 12 al 17 gennaio (con repliche straordinarie il 22, 23 e 24) presso il Teatro dell’Orologio di Roma, e il sostegno del Progetto Goldstein hanno presentato un piccolo percorso monografico di alcuni lavori da loro prodotti finora, dal titolo enigmatico: TrilogiaNiente di nuovo sotto il suolo. Si comincia con La variante E.K. del 2013 che è un vademecum sul suicidio, ed E.K. non sta, ci tengono a precisare i due autori/interpreti al termine della serata, per Emanuel Kant e la sua critica della ragione pura ma semplicemente E.K. nulla di più, ma il sospetto viene. In realtà questo breviario di appunti e piccole suggestioni – scelta una persona fra il pubblico, in una stipatissima Sala Gassman – procede fra ammicchi e grande padronanza da palco  dei padroni di casa. Sapienti giochi di parole che vanno da biro, bara, bora, bari, barba… ma il suicidio purtroppo non è cosa da poco e va affrontato con dovizia e precisione. Ci vogliono allenamento ed esercizio. Il contrappasso da una vita all’altra può comportare una serie di incidenti, e i due necrofori consigliano, rimproverano, educano il povero spettatore malcapitato. L’importante è che alla fine ci si infili seraficamente la tanto agognata, morbida e sinuosa corda del cappio e lasciarsi andare all’oblio.

Si procede con gU.F.O. del 2014, in cui un improbabile incontro fra alieni e gufi, da vita a un esilarante escalation di comicità onirica e vivace. Un incursione sulla terra, in una società sempre più criptica, da parte della Generazione U.F.O. Allora ecco come alieni catechizzano personaggi famosi come Ghandi, Freud, Marx, Darwin fino ad arrivare a quel discolo e negligente allievo che risponde al nome di Gesù. E mentre gli alieni indagano sulla razza umana, pescando dal pubblico esemplari umani, i gufi Luigino, Marisa e un frigorifero d’ingombro, amoreggiano e si sposano. Il matrimonio dura finché Marisa non si innamora di Gianni Barba. Succede. Ma infine come andranno via gli alieni? Rapiti da se stessi. Il terzo capitolo che chiude il percorso monografico è Operamolla l’ultima nata in casa Ruocco/Talarico, e affronta il tema della malattia e della morte. Ovviamente sempre con toni grotteschi e surreali ma questa sembra essere più un azione della consapevolezza del tragico, virando verso l’analisi interiore, l’approfondimento, quasi una seduta analitica. Dedicata a un amico che realmente si è spento per un tumore e che si chiamava Felice Operamolla, la serata si prolunga fin in Piazza della Chiesa Nuova per una simbolica e interattiva processione, e se colui che si piange è morto: beato lui. Variazioni cromatiche su parole significanti e significate in cui gli abili DoppioSenso Unico fanno disperdere argutamente le loro tracce.

Lo stesso appellativo che si son dati i due autori/attori è ossimoro, e come ossimoro è da intendere tutta la loro non-direzione, nella contraddizione scelgono la direzione/predilezione di opposti/contrari. I contrasti si attraggono, si amano, si sposano e infine  inventano il nuovo/vecchio linguaggio, ed è curioso riscoprire grazie a loro la sottigliezza e la bellezza della lingua italiana. Senza dubbio al primo impatto per chi non li conoscesse, la loro prosastica disorienta, ma una volta entrati in accordo ci si diverte e ci si diverte pure tanto. Pillole di sottile ingegno che messe insieme, costituiscono il tessuto organico del loro formulario linguistico. Il loro umorismo gotico si colloca a metà strada fra i marziani di Ennio Flaiano e le tragedie in due battute di Achille Campanile passando attraverso le strisce di Copi. Anche Copi prima di scrivere per il teatro aveva fatto il fumettista e Ruocco/Talarico hanno avuto inter/scambiandosi lo stesso destino. Fumettista l’uno, dialoghista l’altro. Il teatro diventa quindi la configurazione di una striscia intermittente fatta di brevi siparietti che accumulandosi, stratificandosi, accavallandosi raccontano di storie complesse, di contenuti allusivi. Uno stimolante percorso che non esclude lo spettatore, anzi, una volta coinvolto obbliga i due entertainers a interagire e a modificare, secondo un meccanismo evidentemente prestabilito, il loro itinerario. Da vedere e ri-vedere!